On. Salvatore De Meo
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Con l'aumento della digitalizzazione dei nostri sistemi economici, sanitari e sociali, la questione della sicurezza informatica è diventata è sempre più urgente. L'Unione europea da tempo prova ad armonizzare gli standard tra i diversi Stati membri e proprio lo scorso dicembre la Commissione Ue ha presentato la nuova strategia per la cybersicurezza. Il 20 aprile 2021 il Consiglio ha anche adottato il Regolamento d’istituzione del “Centro europeo di competenza per la cybersicurezza nell'ambito industriale, tecnologico e della ricerca” con sede a Bucarest. Questo Centro coordinerà gli investimenti in ricerca, tecnologia e sviluppo industriale nel campo per garantire la sicurezza dell’infrastruttura digitale. Trasporti, energia, comunicazioni, finanza sono solo alcuni dei tantissimi settori che dipendono sempre di più dalle tecnologie digitali. La pandemia ha accelerato la transizione digitale, ma ha anche dimostrato le forti carenze in termini di sicurezza: basti pensare che in questo periodo proprio le strutture sanitarie e la stessa Agenzia Europea del Farmaco sono state tra le realtà più colpite da attacchi informatici. Da anni, la criminalità informatica aumentano in tutta Europa in modo esponenziale. Nel solo 2019, si sono registrati circa 700 milioni di cyberattacchi in tutto il mondo. Una tendenza destinata a crescere in futuro se si pensa che già nel 2025 avremo oltre 25 miliardi di apparecchi connessi. L’economia connessa a tali attacchi, inoltre, inizia a rivestire un ruolo significativo nel mercato nero. Basti pensare che il costo del cybercrimine nel 2020 è stato stimato in 5500 miliardi, il doppio rispetto al 2015. Gli investimenti in sicurezza informatica sono dunque fondamentali se vogliamo una transizione digitale sicura che rafforzi la competitività dell’industria del settore e rilanci il ruolo dell’Europa nello scenario globale. Il precedente Governo nazionale ha approcciato troppo timidamente tale tema e per questo motivo oggi dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi e riposizionare l'Italia tra i paesi all'avanguardia nel settore della cybersicurezza. Solo in questo modo garantiremo un ecosistema in cui cittadini, aziende, settore pubblico e privato interagiscano nella piena fiducia. Sarà anche importante promuovere investimenti mirati e favorire sinergie fra centri di ricerca, università ed aziende innovatrici. Non dobbiamo poi dimenticare l'importanza della formazione: in un settore così dinamico ed in costante evoluzione, lavoratori altamente qualificati sono fondamentali. La digitalizzazione è un processo che, se ben gestito, porta benefici a tutti. Si pensi, ad esempio, alle possibilità di ridurre gli oneri burocratici per cittadini e imprese, ma anche al risparmio economico e di tempo che un modello efficace di e-governance potrebbe portare. Dobbiamo però fare attenzione alle criticità ad esso connesse, in particolare alle ingerenze di Paesi terzi che cercano di indebolire la nostra democrazia e la nostra economia. Proprio su questo io lavoro quotidianamente in seno alla Commissione Speciale sulle interferenze democratiche. L’attacco informatico subito dalla Commissione Europea a marzo è stato l’ennesimo campanello di allarme. L'UE deve esercitare il suo potere sulla scena internazionale. Ho apprezzato la recente iniziativa del Consiglio di affiancare all’Agenzia europea per la cybersicurezza anche un nuovo centro di ricerca con competenze specifiche così come ho condiviso la decisione, presa il mese scorso, di sanzionare gli hacker sponsorizzati dalla Cina e da altri Paesi ostili. La trasparenza delle nostre elezioni e la tutela della volontà dei cittadini passano anche attraverso la cybersicurezza.