On. Salvatore De Meo
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Dal giugno del 2018 l’immigrazione non era più all’ordine del giorno del Consiglio europeo. In quella occasione si era parlato di nuove misure per ridurre l’arrivo di migranti irregolari e si era chiesto di portare avanti le trattative per riformare il Regolamento di Dublino che norma la gestione delle richieste di asilo a livello europeo e che penalizza i cosiddetti Paesi di primo ingresso come l’Italia. Una proposta di riforma da parte della Commissione Ue è arrivata però solo a settembre 2020. Fino a qualche settimana fa, causa anche la pandemia, il problema sembrava non esistere più per alcuni Stati europei mentre diventava sempre più preoccupate per quelli che, come l’Italia, non hanno mai smesso di gestire tali criticità sentendosi, troppo spesso, soli davanti ad una Europa troppo sorda. Durante la Conferenza interparlamentare di Alto Livello sulla gestione della Migrazione e dell'Asilo in Europa di metà giugno, il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha riaperto la ferita, mai rimarginata, sottolineando che solo alzando lo sguardo sull’instabilità, le crisi, la povertà, le violazioni dei diritti umani che si verificano oltre le nostre frontiere, potremo aggredire le cause che spingono milioni di persone a prendere la decisione di partire dai loro Paesi di origine. Sicuramente l’obiettivo da raggiungere per l’Europa è prevenire la perdita di vite umane e ridurre la forte pressione migratoria sui confini. Non è più accettabile lasciare questa responsabilità solo ai Paesi di confine. Aver inserito il tema dell’immigrazione nel dibattito del Consiglio europeo, su richiesta dell’Italia, è stato un segnale importante che ha confermato la necessità che anche sulla gestione dei flussi migratori c’è bisogno della massima cooperazione di tutti i Paesi membri e di un’azione esterna dell'Unione europea che sviluppi i partenariati e la cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Alla base di tutto ciò, deve necessariamente esserci un meccanismo europeo di ripartizione obbligatorio e non volontario che metta tutti i Paesi membri di fronte a questa responsabilità, coinvolgendo anche le associazioni preposte per l’attivazione dei “corridoi umanitari” per realizzare una vera politica europea di accoglienza ed integrazione dei migranti. A riguardo, bisognerà fare, soprattutto dopo il periodo pandemico, una maggiore chiarezza sui criteri di permesso unico di ingresso e di soggiorno. L’Ue ha bisogno di una migrazione regolata per la ripresa delle nostre società e per la tenuta dei nostri sistemi di protezione sociale.