On. Salvatore De Meo
Seleziona una pagina

Nelle scorse settimane il Prefetto di Milano, preso atto di un vuoto normativo e alla luce di una sentenza della Corte di Cassazione, con una circolare esplicativa, ha invitato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a non procedere alla registrazione dei bambini di coppie omogenitoriali.

Questo il fatto da cui la sinistra italiana, in primis il PD post congresso Schlein, nonostante negli ultimi 10 anni sia stato al Governo e avrebbe potuto colmare questo vuoto normativo, ha iniziato la sua campagna demagogica a favore dei diritti dei bambini di coppie omogenitoriali con manifestazioni in piazza, animando i dibattiti televisivi e rimproverando ad un governo definito di “estrema destra” ogni tipo di responsabilità senza mai riconoscere che è stato semplicemente chiesto ad un sindaco di attenersi alle leggi esistenti.

Fin qui tutto nella logica ordinaria del dibattito politico nazionale dove è facile perdere il senso della realtà e concentrare l’attenzione su temi non sempre corrispondenti alle vere esigenze e priorità del Paese.
La sorpresa è stata quando la sinistra europea, sollecitata da quella italiana, il 29 marzo scorso, durante la mini plenaria di Bruxelles, ha chiesto al Parlamento europeo di modificare l’ordine del giorno dei lavori ed inserire un dibattito specifico, senza risoluzione e senza voto quindi senza alcun testo da indirizzare alla Commissione e al Consiglio, sul caso dell’Italia che stava negando i diritti ai bambini delle famiglie cosidette “arcobaleno”.

A nulla è valso il tentativo del gruppo PPE, di cui Forza Italia fa parte, di chiedere un dibattito generale, senza alcun riferimento all’Italia, su un tema importante al quale la stessa Europa sta ponendo attenzione con la proposta di un “certificato di filiazione” che però, al momento, non ha visto la condivisione di tutti gli Stati membri perché è una materia di competenza nazionale e bisogna quindi procedere con una armonizzazione delle varie legislazioni.

Al contrario, la sinistra italiana ed europea, nonostante tante volte tutti i gruppi politici abbiano in passato sottolineato l’importanza di non trasferire a Bruxelles i dibattiti e le polemiche nazionali, ha voluto insistere per “condannare” il governo italiano, ripetutamente appellato di “estrema destra”, reo di aver osato chiedere ad un sindaco di sinistra di non fare atti amministrativi non previsti dalla normativa vigente.

Non solo, il gruppo politico Renew, di cui fanno parte i rappresentanti di Renzi e Calenda, ha anche presentato un emendamento ad un testo di una relazione sullo stato di diritto, su cui era stato già raggiunto un compromesso di voto, con cui si chiedeva al Parlamento europeo di condannare l’atteggiamento dell’Italia che avrebbe negato i diritti dei bambini di coppie omogenitoriali esprimendo preoccupazione per il fatto che la decisione del governo italiano avesse potuto rappresentare un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+, invitandolo, di conseguenza, a revocare immediatamente la sua decisione.
È chiaro che come Forza Italia non solo abbiamo votato contro l’emendamento, ma anche contro l’intera relazione che è risultata, a nostro avviso, non appropriata.

Nel dibattito che si è tenuto poi nella tarda sera e in un'aula completamente deserta (eravamo non più di 15 deputati su 705), non ho potuto fare a meno di esprimere il forte disappunto e la meraviglia di come la sinistra, italiana ed europea, stava utilizzando il Parlamento europeo per strumentalizzare una questione nazionale su cui proprio il Parlamento europeo ha il dovere di favorire il dialogo e non la divisione.

Io credo, infatti, che il tema della omogenitorialità e delle famiglie “arcobaleno” sia senza dubbio delicato e sensibile, motivo per cui doveva e deve essere affrontato in maniera diversa, in un confronto partecipato da tutti e non da pochi, in cui ognuno abbia la libertà di poter esprimere la propria posizione, senza pregiudizio. Certo non può essere un semplice e solo dibattito a far convergere le varie posizioni, ma a Bruxelles l’altro giorno si è purtroppo scelta la strada di cavalcare l’onda dell’emotività nazionale, alimentando le tifoserie e le divisioni, perdendo l’occasione per fare un concreto passo in avanti con una discussione costruttiva da cui si sarebbe dovuto prendere consapevolezza della mancanza di una normativa armonizzata in tutti gli Stati per poter realmente dare una risposta alle famiglie “arcobaleno”.